Oggi, per LA GENTILEZZA CHE CRESCE, vi presento Lavinia Costantino, attrice, specialista in artiterapie e insegnante di meditazione.
Lavinia Costantino lavora con persone di tutte età, dai bambini/e agli anziani/e, per aiutarli non solo ad accettare e convivere con le loro emozioni ma a farle diventare la loro migliore risorsa.
Allentare il giudizio, accettare e accettarsi, guardare se stessi e le altre persone con curiosità e gentilezza.
E se il cuore fosse un altro cervello?
Le emozioni sono la parte più saggia di noi!
Ciao Lavinia, tu sei attrice, specialista in artiterapie e insegnante di meditazione, raccontami di più
Posso solo aggiungere che questi elementi, che costituiscono il mio bagaglio professionale, hanno in comune la promozione della consapevolezza, soprattutto emotiva: con le storie che racconto dal palco o nella stanza di arteterapia, o con l’accoglienza e il non giudizio che promuovo tramite la mindfulness, cerco di coltivare spazi in cui le nostre emozioni e i nostri vissuti diventino la nostra risorsa migliore e la nostra riserva di unicità.
Che cos’è la mindfulness e in che modo ci aiuta a coltivare gentilezza e curiosità?
È una pratica derivata dalla meditazione Vipassana e diffusa in Occidente dal biologo americano Jon Kabat-Zinn.
Essere mindful significa aprirsi ad essere profondamente in contatto con il momento presente, mollando le nostre aspettative e i continui programmi che facciamo per modellare la vita sulla base di ciò che abbiamo in testa, e connettendoci invece alla vita che c’è già qui per noi, disponibile con tutta la sua ricchezza.
Farlo è un atto di rispetto e gentilezza verso di noi e verso gli altri, e ci fa riscoprire la curiosità di vivere osservando cosa davvero accade sotto i nostri occhi, anziché nei nostri solitari film mentali.
A fine Aprile esce il mio libro Diventare grandi con la mindfulness: trovi tutti i dettagli lì!
Lavinia Costantino ha appena scritto un libro, Diventare grandi con la mindfulness, per Hoepli.
So che tu spesso lavori con i ragazzi e le ragazze. Spesso si parla dell’adolescenza come un momento da dimenticare o superare e pochi parlano dell’energia, dello stimolo che è lavorare con i ragazzi. Qual è la tua esperienza?
Grazie per aver citato anche le ragazze! Ho molta attenzione per l’uso inclusivo del linguaggio, perché fa parte del mio lavoro sapere che la realtà è (anche) generata dal nostro modo di raccontarla.
La toccherò piano, come si suol dire: gli adolescenti sono esseri umani nella loro fase più vitale ed esplosiva. In una società come la nostra, che esclude e nega fragilità, invecchiamento e morte tanto ne è terrificata, gli adolescenti con la loro carica fanno quasi paura a noi adulti: li percepiamo pressoché solo come “apprendisti della vita”, da normalizzare e adeguare il prima possibile agli standard.
Invece, se fossimo saggi sceglieremmo di passare tempo con loro, inchinarci al modo appassionato che hanno di esistere, e coinvolgeremmo la loro vitalità nella progettazione del nostro essere comunità.
Nel tuo lavoro insegni anche a mettere da parte il giudizio, anche verso se stessi “nessuno mi può giudicare, nemmeno io”. Quanto è importante non giudicare per vivere bene e accettarsi?
È il più radicale atto di amore che possiamo rivolgerci: può cambiare il nostro passato, presente e futuro.
È lì che troviamo finalmente pace per quell’ingordigia di amore e approvazione che nessuno – né le nostre famiglie di origine, né i nostri partner, né le carriere più sfolgoranti – possono saziare del tutto.
Imparare ad amarci come siamo è rivoluzionario: significa accettare di credere che l’amore è una dimensione dell’essere vivi, non qualcosa che si deve meritare. E questa mentalità cambia profondamente il nostro modo di essere con noi, con gli altri, nella società e addirittura sul mercato dei consumi. Ne hanno bisogno gli uomini, ancora imprigionati in stereotipi machisti, e le donne, nel processo faticoso di autodeterminarsi come persone.
Qual è la cosa più bella che ti è capitata nel tuo lavoro?
Porto nel cuore il sorriso meravigliato e la commozione negli occhi di un adolescente che, durante un’improvvisazione, si accorse di riuscire ancora a parlare la lingua del suo paese di origine.
E la determinazione con cui, dopo aver scritto un monologo intensissimo e profondamente autobiografico, che avrebbe portato in scena davanti ad un pubblico ampio tra cui ci sarebbe stata la sua famiglia, mi disse: per favore, smetti di proteggermi e aiutami a raccontare queste cose, perché questa è l’unica occasione che ho per farlo.
E poi Angela, la signora ultranovantenne che partecipava al corso di teatro autobiografico in RSA.
Si presentò alla seconda tranche di lezioni con la bombola d’ossigeno, e quando venne a mancare pochi giorni dopo lo spettacolo finale, gli operatori mi fecero sapere che nel suo armadietto avevano trovato il diploma di attrice che avevo consegnato al termine del corso. L’aveva fatto incorniciare.
Mi racconti il lavoro il tuo incontro con Clara Woods e il progetto Parole Dipinte?
Parole Dipinte è uno spettacolo di narrazione che ho scritto per raccontare la vita di Clara Woods, giovane artista con disabilità, e della sua famiglia che vuole sostenerla nella carriera.
Ho letto di Clara sul giornale, mi sono innamorata della sua storia – non si crea nulla di buono senza innamorarsi perdutamente – e abbiamo incominciato a collaborare realizzando eventi artistici per promuovere il diritto alla diversità.
Non c’è nulla di altruistico in questo, voglio chiarirlo: l’incontro con Clara mi ha permesso di avvicinarmi al mio perenne senso di diversità, e di sentire che essere diversi insieme sana la ferita dell’essere esclusi.
Che cos’è il Teatro nel Lettone?
Tecnicamente, è una rassegna online di teatro di narrazione per bambini e famiglie. Ma per essere onesta, è un grande sogno che ho potuto realizzare insieme a una collega e mamma di tre bambini, Valentina di Monzaperibambini.
Ho cominciato sotto Natale, raccontando gratuitamente una storia a puntate per aiutare i bambini ad affrontare la paura che Babbo Natale non potesse passare a causa della pandemia; poi abbiamo proseguito con una vera e propria rassegna in cui un centinaio di famiglie di tutta Italia si incontrano salutandosi dalle “finestrelle” di Zoom come vicini di casa virtuali, e partecipano alla narrazione con costumi fatti in casa, musiche artigianali e interpretazioni strepitose.
Si sono dette molte cose sull’impossibilità di portare il teatro in forma virtuale in questi mesi: invito qualsiasi scettico a partecipare a Teatro nel Lettone, per sentire sulla pelle come il rito di riunirsi per raccontare sia sopravvissuto egregiamente alla pandemia e alla nostra resistenza al cambiamento.
Come ci può aiutare la meditazione in questo momento in cui il Covid ci mette a dura prova?
Può permetterci di trasformare un trauma collettivo in un’occasione di risveglio.
Nelle mie classi di meditazione di quest’anno ho visto le persone mettersi a nudo e condividere una vulnerabilità che ci ha reso più umani: spero che la pandemia passi, ma che questo sentire resti.
In senso più tecnico, può aiutarci a mettere in prospettiva le comprensibili ansie e preoccupazioni che ci affliggono, a sviluppare resilienza, e a sentirci distanti ma non soli.
Con Burabacio ho inaugurato i SII GENTILE IN BOTTIGLIA, un messaggio gentile ogni lunedì. Non scrivo solo io un messaggio gentile ma invito anche le altre persone a scrivere il loro messaggio in bottiglia e a diffonderlo.
Mi lasci un SII GENTILE IN BOTTIGLIA anche tu?
Secondo te, che messaggio hanno bisogno di leggere ora le persone?
E se il cuore fosse il nuovo cervello? Le emozioni sono la parte saggia di noi: prova ad ascoltarle!
Lavinia Costantino
www.laviniacostantino.com
FB: https://www.facebook.com/LaviniaLCostantino
IG: https://www.instagram.com/lavcostantino/
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LA GENTILEZZA CHE CRESCE è un ciclo di interviste per dare voce a chi in questo momento è la foresta che cresce e si impegna per migliorare la realtà in cui vive.
Credo fermamente che in un mondo gentile si viva, e si lavori, meglio!
Per anni ho promosso la gentilezza usando parole e disegni ma so di non essere sola, anzi.
Tantissime persone lavorano in silenzio allo scopo di aiutare gli altri, rompere l’isolamento, creare un senso di comunità, confortare o supportare.
Con LA GENTILEZZA CHE CRESCE voglio dare voce a chi si impegna, far conoscere le storie di persone che un giorno hanno deciso che si sarebbero messe in gioco per fare qualcosa di buono per gli altri.
Le storie ispirano, infondono coraggio, sono uno sprone.
Parlare di gentilezza in modo generico è bello ma non ha la potenza di una storia come questa.