Che Kairos!

Che Kairos!” nasce durante il periodo della quarantena per Covid 19 dalla professoressa Anna Desanso e dai suoi alunni e alunne, ragazzi e ragazze dai 16 ai 24 anni, per dare un senso a questo tempo e coglierne il “Kairós”.
Insieme hanno dato vita al
blog “Che Kairos” in cui raccontano il loro progetto di ricerca di tempo prezioso e fruttuoso.
Che Kairos racchiude interviste, officina del sociale (un laboratorio di educazione civica) e arte in ogni sua forma: scrittura, disegno, musica e teatro
, per trovare un tempo buono in cui creare una via di fuga da una pandemia che ha sconvolto le vite dei ragazzi e delle ragazze.
Infine c’è anche un libro, “Storie di quarantena vol.2”, pubblicato dalla Casa Editrice LesFleurs il cui ricavato va alla protezione civile per fronteggiare l’emergenza sanitaria.

“Convertire lo sguardo sulla realtà e bene(dire) la propria vita” è il loro motto.

“Che Kairos!” nasce da un momento difficile, la quarantena per Covid-19, per dare un senso a questo tempo e cogliere il “Kairós”. Mi raccontate meglio chi siete e cosa avete imparato da questa esperienza?
Siamo un gruppo di circa 40 ragazzi dai 16 ai 24 anni, capitanati dalla prof.ssa Anna Desanso, nostra insegnante di religione cattolica. Da sempre la prof.ssa svolge il suo ruolo in maniera anticonformista e decisamente alternativa, insieme abbiamo pensato di trovare un antidoto a questo tempo, cercando il “Kairos” ossia l’opportunità che questo momento può nascondere. 

Il lockdown è stato un fulmine a ciel sereno per la scuola, che ha il suo fondamento nelle relazioni vive con gli studenti e con i docenti, per questo abbiamo viaggiato attraverso la nostra interiorità, alla scoperta dell’alfabeto del cuore, con il tentativo di risignificare ciò che stiamo attraversando. Non è solo un modo per fare appello alla nostra resilienza, ossia alla nostra capacità di fronteggiare questa situazione negativa in maniera costruttiva, ma è un vero e proprio slancio di speranza. 

Nel vostro progetto sono molto importanti le interviste perché “l’essere umano ha bisogno di raccontarsi”. In particolar modo cercate “la bontà nascosta nell’ordinaria straordinarietà e storie di una realtà pienamente umana”. Condivido la vostra ricerca e anche io stessa mi adopero per portare alla luce storie il cui filo conduttore è la gentilezza, per dimostrare che un modo di vivere gentile e rispettoso è possibile.
Dal blog ho notato che avete uno staff solo per le interviste, come vi muovete?
Per noi le interviste sono molto importanti, perché crediamo nella narrazione collettiva, quella che ci aiuta a scoprire che anche la nostra semplice storia nasconde bellezza. Andiamo a caccia di testimonianze virtuose che abbiano una buona ricaduta sulla comunità, una volta individuata la persona da intervistare la contattiamo e chiediamo la sua disponibilità a rilasciarci un’intervista. Noi abbiamo scelto Twitch come canale su cui svolgere le nostre interviste, puntiamo molto sui social perché crediamo che ci sia un’eccessiva stigmatizzazione sul binomio social-giovani, vogliamo dimostrare che anche attraverso questi media è possibile educare e trasmettere sapere.

Una volta conferma la disponibilità dell’ospite abbiamo una persona che si occupa di trovare due persone nella rosa degli intervistatori che prepareranno le domande e il canovaccio dell’intervista
E poi abbiamo quattro tecnici che si occupano della live e di moderare la chat e le sue domande.
Importante sottolineare che tutte le interviste vengono fatte a distanza, cosa che ci ha permesso di raggiungere persone in tutte le latitudini. 
Lo staff delle interviste è composto da: intervistatori, streamer e moderatori e la prof.ssa che conduce l’intervista.

 Quali sono le interviste che vi hanno più colpito, che sono state motivo di riflessione?
Daniel Pittuelli ed Estela Robledo, ex detenuti politici della dittatura militare argentina. Ci ha colpito la loro storia e la loro tenacia, soprattutto il loro sguardo in armonia con l’umanità, carico di speranza per il futuro. Nonostante le atrocità vissute, hanno trasformato il loro dolore in solidarietà e sostegno ai più deboli. Un vero esempio da seguire;

Mariano Turigliatto, ex insegnante, giornalista, politico. La sua storia ci ha regalato uno sguardo nuovo sull’insegnamento e sull’educazione. Il suo interesse per i giovani ci ha allargato il cuore;

Toni Bonji, comico televisivo. La sua leggerezza, mai banale, ci hai aiutato a prendere questo periodo con il sorriso. Abbiamo apprezzato la sua umilità e semplicità

Andrea Visconti, imprenditore fallito (come si definisce lui). Ci ha fatto capire che falliscono i progetti e non gli uomini, ci ha donato la forza di non mollare mai e di metterci in gioco sempre, con la perseveranza tutto è possibile.

Un altro aspetto importante del vostro progetto è l’officina del sociale, un laboratorio di educazione civica attraverso un impegno sociale concreto. Come funziona? 
L’officina del sociale prima si chiamava “giornate internazionali” che era esattamente ciò che facevamo nel nostro laboratorio di teatro e musica a scuola in presenza, la distanza non ci ha fermato. Ogni mese scegliamo una giornata internazionale con un tema sociale urgente e che abbia un forte impatto, produciamo dei contenuti (video, canzoni, testi, poesie, sketch teatrali) per parlarne e condividerne il messaggio. Usiamo i social per diffondere il nostro materiale, nella speranza di far riflettere e di allargare lo sguardo.

Nell’officina del sociale parlate di didattica alternativa in cui siete pienamente attivi e impegnati nel raccontare e trasmettere il vostro impegno sociale. Sarebbe bello se si diffondessero più officine sociali nelle scuole, pensate che altri ragazzi si ispireranno a voi?
Sarebbe bellissimo poter diffondere il nostro modello di cittadinanza attiva, perché si mette in gioco tutta la persona nella sua interezza attraverso la creatività e la libera espressione. Facciamo parte della generazione digitale e la configurazione tradizionale della comunicazione non funziona più, la struttura guttemberghiana uno-molti è superata. Proprio per questa ragione, i nuovi stili di comunicazione legati alle tecnologie digitali, richiedono nuovi approcci e nuove conformazioni, più adatti ai loro fruitori, che presentano delle caratteristiche davvero diverse rispetto alle generazioni precedenti. Per noi è un modo di fare cittadinanza fra peer, che ha il suo core nella condivisione.

Se qualcuno volesse partecipare al vostro progetto può farlo? Se si, in che modo?
Certamente, può inviarci richiesta ai nostri contatti (via mail o sui social), raccontare la sua storia e la motivazione che lo spinge. Siamo ben contenti di allargare il nostro gruppo.

Quando finirà l’emergenza Covid-19 proseguirete l’esperienza con Che Kairós? Cosa vi porterete sempre dietro di questo tempo?
Ormai Che Kairos è parte di noi, l’emergenza Covid ha fatto venire alla luce un desiderio latente, per cui non solo abbiamo intenzione di continuare ma vogliamo allargare il nostro raggio d’azione.
Quest’esperienza ci ha regalato moltissimo, ci ha fatti crescere e ci ha fatto imparare il sapore della fatica, che nella sua complessità nasconde la sua bellezza.

“Storie di quarantena” pubblicato dalla casa editrice torinese “LesFleurs” è il vostro libro, in cui raccontate vostro punto di vista. Un punto di vista prezioso perché i ragazzi hanno spesso poco spazio. Raccontatemi come è nato “Storie di quarantena” e perché è stato un antidoto a questo tempo.
Abbiamo usato come metafora il mito di Teseo: ognuno ne ha preso le sembianze. Il minotauro ha rappresentato le nostre paure, dubbi e timori, il labirinto le mura di casa e il filo di Arianna l’amore, la passione ed il trasporto per qualcosa di grande da realizzare, che ci potesse stanare e far evadere dalla quarantena. Nel racconto di questo periodo storico, nella grande narrazione di questa pandemia, sentivamo fosse necessario portare il nostro punto di vista, quello dei più giovani. Quando si fa memoria di ciò che si vive, l’azione stessa di imprimere su carta, all’interno di un video, nel tratto di un disegno o nelle parole di una canzone è un gesto catartico che ha il respiro di un’azione civile. Abbiamo raccolto la nostra produzione sul blog: www.chekairos.it 

A ottobre 2020, la casa editrice “Les Fleurs”, che aveva bandito un concorso per raccogliere narrazioni legate al periodo di lockdown, ha pubblicato alcuni estratti del nostro blog ed è nato il nostro libro “Storie di quarantena. Vol. 2”. Dobbiamo dire il nostro GRAZIE per aver scelto di puntare sul nostro lavoro ed aver deciso di far nascere un intero volume dedicato al nostro progetto. Anche questo rappresenta un’azione di cittadinanza attiva, perché il ricavato del libro va alla protezione civile per l’emergenza sanitaria.

Come Burabacio ho un progetto personale che si chiama SII GENTILE IN BOTTIGLIA, è un messaggio di incoraggiamento e gentilezza scritto dentro una bottiglia, nella speranza che possa raggiungere chi ne ha bisogno. Mi lasciate un SII GENTILE IN BOTTIGLIA anche voi?
La vera rivoluzione gentile è quella del NOI, nessuno si salva da solo!

Secondo voi che messaggio hanno bisogno di ricevere le persone, oggi?
Che non sono soli e che sono unici ed irripetibili. Nella loro originalità, fragilità e vulnerabilità è nascosta la loro bellezza. Bisogna solo trovare qualcuno che possa dire loro che sono amati per quello che sono.

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LA GENTILEZZA CHE CRESCE è un ciclo di interviste per dare voce a chi, in questo momento, è la foresta che cresce e si impegna per migliorare la realtà in cui vive.

Credo fermamente che in un mondo gentile si viva, e si lavori, meglio!
Per anni ho promosso la gentilezza usando parole e disegni ma so di non essere sola, anzi.
Tantissime persone lavorano in silenzio allo scopo di aiutare gli altri, rompere l’isolamento, creare un senso di comunità, confortare o supportare.

Con LA GENTILEZZA CHE CRESCE voglio dare voce a chi si impegna, far conoscere le storie di persone che un giorno hanno deciso che si sarebbero messe in gioco per fare qualcosa di buono per gli altri.
Le storie ispirano, infondono coraggio, sono uno sprone.
Parlare di gentilezza in modo generico è bello ma non ha la potenza di una storia come questa.

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